Connect with us

Psicologia sociale

La differenza tra DESTRA e SINISTRA

Nel modello di organizzazione sociale liberale la destra identifica i conservatori-reazionari; la sinistra i progressisti. Ma non solo…

Published

on

Non ho capito una cosa.

Perché se uno è di sinistra deve essere povero e se invece e di destra può essere ricco?

Perché siamo convinti che uno di sinistra, per essere credibile debba essere povero o quasi?  

Perché se una persona con qualche difficoltà economica si dichiara di destra lo prendiamo per scemo?

Cosa c’entra.

Qual è la differenza tra destra e sinistra?

Perché si chiamano destra e sinistra? Cosa significano destra e sinistra?

Ogni tanto, qualcuno rispolvera le principali categorie politiche e qualcuno invece prova a convincerci che la sinistra e la destra non esistono più.

Io sostengo che il ragionamento per categorie funziona sempre ma gli orientamenti e quello che ci mettiamo dentro cambiano.

Le categorie indirizzano il pensiero e quindi il comportamento.  Anche nel ventunesimo secolo le categorie politiche o etichette più rilevanti sono le stesse: sinistra e destra. Così ci capiamo.

I macro-schieramenti non sono altro che un insieme di credenze condivise alle quali attribuiamo la capacità di fare coesione e sviluppo sociale.

Allora…

Dopo la rivoluzione Francese e le guerre napoleoniche (1789-1799), il parlamento francese  si divideva quasi spontaneamente così:

  • a sinistra sedevano quelli che promuovevano un nuovo Stato che avrebbe favorito i processi tendenti all’egalitarismo, superando le classi sociali;
  • a destra sedevano i rappresentanti della monarchia che reagivano al cambiamento e volevano restaurare la vecchia classe aristocratica e i vecchi confini.

Te lo ricordi che la rivoluzione francese ha tolto di mezzo i nobili di mezza Europa? Cioè, ha fatto capire alle persone che non erano importanti per il semplice fatto di essere nate importanti.

 Sinteticamente, in parlamento erano comparsi i progressisti e i reazionari o progressisti e conservatori. Come li vuoi chiamare li chiami.

I progressisti vogliono cambiare; i reazionari reagiscono al cambiamento e vogliono lasciare le cose come stanno o farle tornare come erano prima.

Passano i decenni ed arriviamo in Italia, ma occorre un’altra piccola premessa.

L’uomo ha concepito ed attraversato fondamentalmente due grandi rivoluzioni culturali: la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale.

Il successo della rivoluzione agricola gli ha permesso di stanziarsi sui territori ed abbandonare il nomadismo;

la rivoluzione industriale di abbandonare il lavoro delle campagne e migliorare il tenore di vita nelle città.

Nei paesi in cui la rivoluzione industriale ha avuto modo di affermarsi lentamente e di entrare nella mente delle persone spontaneamente, nessun evento politico straordinario ed imponente ha dovuto agire drasticamente per riorganizzare l’assetto nazionale.

Naturalmente in Italia non è stato facile e soprattutto al sud: siamo agrari ora figuratevi negli anni ’20. Ad un certo punto l’industrializzazione non si poteva negare, oppure si.

Mussolini si opponeva: la parola d’ordine era “ruralità“: l’elogio propagandistico del contadino.

In Russia invece se proprio “industria” doveva essere, la stessa doveva essere controllata da tutti, dal popolo.

La storia ci insegna che ogni cambiamento passa sull’uomo, con o senza il suo consenso.  Non sta a noi scegliere ma piuttosto coglierlo per tempo. Se non riconosciamo il divenire nessuno ci aspetta, piuttosto stiamo attenti a chi ci dice di non preoccuparci e che tutto grazie a lui si risolverà: sciocchezze.

Il secolo appena passato non esiste più ed è impensabile riproporlo: non c’è più! Soprattutto chi ancora continua a definirsi fascista o comunista. Lasciamo stare. Ormai siamo tutti liberali, hanno vinto gli americani.

Ha vinto il modello organizzativo proposto dagli stati uniti d’America, almeno per il momento. facciamocene una ragione e a prescindere da quanto credi di stare male, senza gli americani staresti peggio.

Non sappiamo ancora quanto durerà ma sicuramente con le nuove sensibilità civiche e soprattutto ecologiche, stiamo cominciando a capire che neanche le persone sono così importanti.

Il nostro pianeta è più importante ancora.  

Ripassiamo…

liberalismo, fascismo/nazismo e Comunismo sono i tre modelli di organizzazione sociale che si sono scontrati 100 anni fa. I tre modelli nascevano dalla rivoluzione industriale che ha fatto credere all’uomo di essere più importante di Dio. (Rivedi il contributo in cui ci raccontiamo queste cose).

I fascisti credevano che gli esseri umani fossero importanti ma che alcuni erano più importanti ancora per ragioni genetiche o di appartenenza e che quindi alcuni gruppi di persone che abitavano alcune nazioni, dovevano per forza dominare.

I comunisti invece credevano che tutti gli uomini fossero uguali e che per questo lo stato doveva impegnarsi a garantire l’uguaglianza perché se alcune persone cominciavano ad avere di più c’era sicuramente un’ingiustizia sociale da qualche parte.

I liberali invece proponevano l’idea che è vero che gli esseri umani erano tutti uguali senza distinzioni ma erano uguali per diritto, poi chi si impegnava di più, bene. Chi riusciva ad avere di più perché se lo meritava e se lo poteva comprare, pazienza. In questo modello, certe volte siamo più conservatori, certe volte siamo più progressisti. Tutti!

L’orientamento politico non è altro che un atteggiamento mentale e di personalità che predispone al cambiamento in modo più o meno stabile e duraturo. Lo vuoi un supermercato gigante espressione dello sviluppo economico, sociale e territoriale vicino casa tua? Certo che lo vuoi. Sei un progressista? Probabilmente, a meno che non sei il proprietario del piccolo supermercato di quartiere e allora ti opporrai.

Oggi facciamo confusione perché non c’è qualcosa di sinistra o di destra in sé. La stessa affermazione ha significati diversi se storicizzata.

Condannare un uomo a lavorare 40 ore la settimana in una fabbrica da operaio per tutta la vita, 50 anni fa era un atteggiamento di destra; Lavora schiavo e stai zitto.  Oggi tutti quelli che si dichiarano di sinistra vogliono farlo e si battono per questo: stiamo attenti. Oggi il problema è proprio questo.

Sembra che nessuno ci voglia più sfruttare che è ancora peggio.

Lo stesso Mussolini, quando emerse politicamente, immaginava un mondo diverso come non era mai stato e si definì per questo di sinistra. È poi il presente che definisce.

Togli all’uomo la possibilità di essere migliore e di avere di più e annulli la sua motivazione principale a rimanere in vita e di provare a migliorare il mondo: il comunismo non ha funzionato per questo.

Ma al contrario fai credere a qualcuno che quello che ha se lo merita a prescindere da quello che fa e lo perderà.

Le persone politicamente di destra sono reazionari, credono che prima si stesse meglio e sarebbe opportuno riportare le cose com’erano.

Le persone politicamente di sinistra invece credono che ancora il meglio deve venire ed è meglio impegnarsi per cambiare ulteriormente le cose.

Chi ha ragione? Non lo so. So però che al mondo non interessa, va avanti e andando avanti cambia.

Lo possiamo fermare? No, quindi se ci fermiamo rimaniamo indietro.

Jonathan Haidt ha fatto uno studio serissimo sui valori che contraddistinguono progressisti e conservatori. (Qui trovi il contributo)

Una volta il professore Luigi Sanlorenzo mi ha fatto capire una cosa dicendo questo:

“Marx diceva che per essere tutti uguali, tutti devono possedere i mezzi di produzione. Oggi non abbiamo più scuse: il mezzo di produzione più importante è la nostra testa”.

L’abbiamo tutti? Una testa dico.

Psicologo sociale e del lavoro, specialista in psicoterapia cognitiva e comportamentale. Si definisce uno "Psicologo Seriale".

Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Psicologia del lavoro

Fare il politico è un lavoro?

Perché fare il politico è un lavoro? Perché il politico si muove tra la passione e la corporazione?

Published

on

tra passione e corporazione

Un mio amico mi ha detto che fare il politico non è un lavoro.

Ovviamente lo è ma lui provava a convincermi del contrario.

Non mi ha convinto e ne vorrei parlare.

Prima di tutto ho preso atto del fatto che ci sono persone che credono che fare il politico non sia un lavoro.

Va bene.

Secondo, anche io ho riflettuto sul perché per me fosse scontato che un lavoro lo è, a tutti gli effetti e senza dubbio.

Parto dal presupposto che considero un lavoro, una qualsiasi attività individuale fatta con regolarità, supportata da competenze più o meno specifiche, in cambio di qualcosa, grazie al fatto che soddisfa bisogni personali e collettivi.

Quindi:

  1. Attività individuale che può essere più o meno organizzata in autonomia o in qualche forma cooperativa;
  2. Regolarità e quindi prevedibilità;
  3. Fondata su competenze; competenze che possono essere più o meno semplici o complesse. Di questo ne abbiamo parlato e ne riparleremo;
  4. Ricompensata, cioè non fatta per la gloria o con spirito di abnegazione e annullamento personale;
  5. Finalizzata al soddisfacimento di bisogni reciproci. Io lavoro perché così quel qualcosa che ho in cambio lo uso per soddisfare i miei bisogni; tu accetti il mio lavoro perché così soddisfi bisogni tuoi e per questo mi ricompensi.

Per questo motivo fare la casalinga non è un lavoro.

A mio avviso, già questo basterebbe per affermare che fare il politico è lavorare.

Perché quindi alcune persone non considerano fare il politico un lavoro?

Perché pensano che non sia fondato su competenze? Scherzo. Il politico fonda la sua prestazione su competenze. Sulla tipologia della competenza politica reale ne abbiamo parlato in questo video.

Allora, dove nasce l’equivoco? Sulla ricompensa rapportata alla prestazione e sulle modalità di rilascio? Ora noi possiamo continuare a ridere, ma in effetti potrebbe nascere anche da questo. Non è così ma potrebbe.

Siamo portati a credere che i politici guadagnino tantissimo. In realtà, i consiglieri dei piccoli comuni guadagnano 4 spicci in gettoni di presenza. è anche per questo che magari il livello di competenza è basso. Magari le persone che potrebbero offrire un contributo considerevole, sono lavorativamente affermate, hanno altre priorità e altre ambizioni e non si candidano nemmeno; Se si candidassero non vincerebbero lo stesso; ma questo è un altro discorso, come il fatto che si candidano e magari vincono.

In ogni caso è prevista una retribuzione formalizzata e questo basta al nostro ragionamento. Il politico eletto non presta attività di volontariato.  Fortunatamente ci sono persone che a prescindere dalla ricompensa si spendono sul territorio con adeguata motivazione e competenza.

Magari il senso di appartenenza alla comunità è così alto che la strada pulita conta quanto la parete imbiancata di casa propria.

Sono però convinto che molto più spesso, per molti, diventare consigliere comunale rappresenti il primo passo per aspirare ad una carriera ben più ambiziosa.

La possibilità di carriera è una caratteristica dei lavori organizzati e complessi. Significa che magari qualcuno bravo comincia da consigliere di quartiere proprio perché sa che quello è il primo passo sperando che un giorno diventi onorevole. Quanti ci diventano pochi.

Moralismi a parte, secondo me anche i consiglieri comunali dei piccoli comuni dovrebbero avere uno stipendio decente, fisso e con una parte ancorata alla prestazione: così forse aumenterebbe la qualità dei selezionabili, “dei candidati”.  Se i comuni sono piccoli? accorparli. Quanto piccoli? Non lo so.

Ecco, un’altra caratteristica che fa della politica un lavoro e che si viene scelti da chi ci paga.

E quindi? Perché l’amico mio dice che la politica non è un lavoro? E magari altri, magari anche tu, potresti essere d’accordo con lui?

Perché lui lo fa per passione. Di questo ne sono sicuro. Conosci il detto: “la passione non fa sudare o leva ogni fatica”? Chi lavora per passione non percepisce quello che fa come un lavoro ma lo carica di significati e rappresentazioni. Lui non partecipa ai consigli a muzzo, lo so e ne sono sicuro. Lui si prepara. Promuove iniziative di sua spontanea volontà e si impegna per realizzarle. Lo fa perché fare il politico gli piace proprio.

Lo fa per la gloria? Non credo. Lo farebbe gratis? Non credo nemmeno. Ma qui poesia non ne facciamo, è giusto essere pagati e pensare di poter fare carriera. è normale.

E allora? Perché è convinto che fare il politico non sia un lavoro? Lui dice: “è un incarico istituzionale” Che significa non lo so. Assecondando questa logica anche fare il carabiniere o l’insegnante non dovrebbe essere considerato un lavoro.

Come dicevamo, alcuni di noi sovraccaricano di valore il proprio lavoro a tal punto da farlo diventare estremamente identitario e motivato da spirito vocazionale. Tipo i “preti”. Ma no i preti di qualche secolo fa che facevano i preti sotto consiglio dei propri familiari: “senti qua, ho parlato col vescovo che è amico mio. Domani ti aspetta che ti fa diventare prete. Stipendio sicuro e bella vita. Il castello e i terreni vanno a tuo fratello”.

I preti di ora sono vero vocati e per questo è difficile trovarli. il prete non la fo più nessuno.

Cambieranno le regole, si potranno sposare e ci sarà di nuovo la fila.  

Ci sono persone che percepiscono il proprio lavoro come una vocazione, come una chiamata.

Quando si dice: “tu non fai il poliziotto. Tu sei uno sbirro dentro”. È esattamente questo.

Ho un cugino carabiniere che non fa il carabiniere perché c’è diventato per caso. Lui è un carabiniere sempre. Ha deciso di diventarlo. Ha pure sventato una rapina quando non era in servizio. Ad avercene carabinieri così. È sicuramente vocato.

E lo stesso è quest’amico, Lui è un politico sempre, ma non da propaganda: d’azione.

L’ultima delle mie intenzioni e fare l’elogio dei politici, quindi dove sta la fregatura; perché la fregatura per noi c’è e potrebbe essere anche bella grossa.

La politica tra passione e corporazione

La maggior parte di noi tende a considerare il proprio lavoro come il più importante tra i lavori. Ognuno di noi pensa che col proprio lavoro meriterebbe di sfondare e di diventare miliardario.

Alcuni lavoratori inoltre tendono a legarsi ad altri lavoratori che fanno lo stesso lavoro e a volte si associano formalmente.

Ogni associazione di lavoratori tenderà a far prevalere i propri valori e le proprie credenze circa ruoli, responsabilità e meriti della propria categoria.

Quando queste categorie diventano così forti da incidere sensibilmente sulla vita pubblica di una nazione e magari nell’equazione della reciprocità prevalgono eccessivamente gli interessi della categoria sottomettendo i bisogni di chi di quella categoria si serve, allora parliamo di lobby e corporazioni.

Ogni tanto parliamo di corporazione dei medici, degli avvocati e anche dei tassisti, potrebbero essercene tante.

Magari alcuni di questi lavoratori sono anche politici e quindi riescono ad assecondare meglio gli interessi della loro categoria di riferimento. Ci sono comunque politici che non lo sono e che contrastano questo conflitto di interessi.

La fregatura delle fregature però è che in ogni caso, tutti i politici, quando sono insieme, insieme sono tutti politici e quindi anche se per gli altri lavori possono divergere nel concordare le regole che non li riguardano; le loro regole se le scrivono da soli e di conseguenza possono pure scriversi che fare il politico è una missione spirituale voluta da Dio.

Esattamente come i faraoni dicevano di essere Dio e magari qualche faraone ci credeva davvero.

Continue Reading

Psicologia sociale

Valori di Destra e Valori di sinistra

I valori politici sono determinati dai 5 principi morali fondamentali e biologicamente determinati. Scoprili.

Published

on

Quali sono i principi morali biologici e universali che determinano i nostri Valori?

Volevo scriverne da un po’ .

Ad ogni elezione ci si divide, come tutte le persone per bene, tra sostenitori della destra e della sinistra. Ognuno di noi come sempre sarà convinto di saperne sempre un po’ di più degli altri. Ancora per poco, sono gli strascichi dell’umanesimo descritto da Harari e di cui abbiamo parlato qui . La prossima volta approfondiamo ulteriormente.

“Ah, ma non ci sono più i partiti di una volta”;

“ma i partiti non incarnano più i veri valori”.

A prescindere da quello che ognuno di noi dichiara di essere o di credere di essere, volevo raccontarti un po’ dei “VALORI politici”, che non sono altro che espressione innata di tendenze morali che ognuno di noi porta con sé nel proprio DNA.

Jonathan Haidt, psicologo sociale, ha descritto tutto molto bene nel suo libro “menti tribali

Anche grazie a lui sappiamo che i nostri comportamenti, anche quelli che ci appaiono come i più razionali, sono in realtà influenzati da fondamenti morali biologicamente determinati.

E tu dirai: “ovvio”.

Ovvio? Sei sicuro? Fino a poco tempo fa credevamo che la morale si apprendesse e che ci veniva insegnata prima di tutto dai nostri genitori. Cos’è bene, cos’è male, cos’è giusto e cos’è sbagliato pensavamo che fosse prevalentemente una questione educativa.

L’educazione orienta la condotta, ma le fondamenta sono biologiche.

L’evoluzione ha promosso e premiato chi di noi si comportava assecondando la presenza di queste categorie morali specifiche.

Una precisazione dobbiamo farla:

Caratteristiche innata non significa che ci si nasce e la cosa resta immutabile. Ormai sappiamo che la maggior parte delle cose innate sono semplicemente predisposizioni comportamentali che favoriscono e consolidano la nostra esperienza.

Quindi…

Quali sono le predisposizioni morali che influenzano i nostri comportamenti comprese le scelte di voto?

Sono 5, forse 6, considera che sulla base di queste predisposizioni, ci dividiamo politicamente e ci accusiamo a vicenda di essere belle o brutte persone.

Le ho rielaborate un po’:

1)    Il principio di Protezione per proteggerci dal Danno e dall’abbandono

La vita può essere una scommessa o un investimento. Ci sono animali che si riproducono tantissimo sperando che un cucciolo resti vivo, come nel gioco d’azzardo.

Fanno “tante giocate” minime sperando di vincere una volta sola; su cento esserini, uno solo morirà di vecchiaia.

E ci sono animali che si riproducono pochissimo e investono tutto su quei pochi esemplari che fanno.

Pensa ai rettili, possono fare migliaia di uova da non accudire, oppure i mammiferi che fanno pochi cuccioli e investono un po’ più di tempo nell’accudimento.

Noi essere umani sui nostri figli investiamo tantissimo, un cucciolo alla volta e in totale molto pochi, ai quali provare a dare tutto.  

Ad ogni modo, la storia evolutiva ha favorito tutti quegli individui che si prendevano cura nel miglior modo possibile dei propri figli per il semplice fatto che quei figli avevano maggiori probabilità di sopravvivere e che a loro volta avrebbero trasmesso la caratteristica che determina accudimento.

Di conseguenza, ognuno di noi è portato a più livelli a provare disgusto per quei genitori trascuranti o a proteggere gli esseri viventi che percepiamo come indifesi.

Prova a ricordare cosa hai provato quando hai visto qualche foto o video di qualche cucciolo picchiato o ucciso.

Questo è il primo interruttore. I partiti tentano di attivarcelo più o meno consapevolmente per qualche cosa: immigrati, bambini, poliziotti, ogni partito tenta di attivare la nostra bontà.

2)    Il principio di Correttezza e dell’equità per proteggerci dall’isolamento e dall’inganno;

La nostra specie si fonda sulla fiducia reciproca.

Ogni essere umano per poter crescere in sicurezza deve necessariamente fidarsi e affidarsi: noi degli altri e gli altri di noi.

Significa che molto spesso prendiamo e molto spesso diamo, la reciprocità tra noi è fondamentale ed è fondamentale che questa reciprocità non venga fregata.

Non apprezziamo chi non mantiene le promesse o comunque non soddisfa le nostre aspettative e proviamo simpatia per chi è disponibile nei nostri confronti.

Ognuno di noi declina questo principio in modo più o meno universalistico o proporzionale.

Le persone maggiormente orientate a sinistra pensano che ogni essere umano debba “avere” a prescindere da ogni cosa, chi è maggiormente orientato a destra pensa che ogni essere umano debba “avere” se lo merita.

Secondo te, nella vita, le persone, devono prima ricevere o prima dare? La risposta non è così semplice.

 Dietro la logica RDC (reddito di cittadinanza) c’è anche questo. chi cerca di promuoverlo ad ogni costo afferma che dietro ogni richiesta ci sia una necessità a prescindere;  chi tenta di abolirlo ad ogni costo afferma che dietro ogni richiesta ci sia un ovvio tentativo di truffa.

Il concetto di tasse moderne passa attraverso lo stesso principio morale di proporzionalità e si sta discutendo proprio in questi giorni con l’estensione della FLAT TAX.

3)    Il principio di lealtà per proteggerci dal tradimento;

Noi esseri umani siamo diventati quello che siamo sopravvivendo alle sfide della vita.

I nostri antenati hanno subito capito che aggregarsi ed allearsi funzionava e offriva maggiori opportunità e maggiori probabilità di sopravvivere.

In tribù abbiamo imparato non solo a proteggerci e a collaborare ma anche ad essere leali l’uno con l’altro. Lentamente ci siamo convinti che la nostra tribù fosse la migliore, la più corretta, la più giusta. Le altre tribù cacciavano i nostri animali, raccoglievano i nostri frutti e volevano le nostre donne.

Questo non era accettabile perché attorno a noi era tutto nostro. Vabbè anche gli altri dicevano lo stesso di noi, ma noi c’eravamo prima. Vabbè anche gli altri dicevano che c’erano prima loro. Ma noi siamo più belli e loro fanno puzza.

La nostra squadra è la più forte, la più meritevole e la più onesta.

Il progresso ci ha permesso di andare tutti d’accordo ma appena il cambiamento climatico riporterà un po’ di carestia seria, non ci saranno di nuovo le più banali delle guerre? Ovvio. È scritto nel nostro DNA.

 Immagina che un ultras del Palermo ad un certo punto diventa ultras del Catania. Cosa gli faresti. Così come tra fazioni politiche. Chi disprezzi di più. Quello che è sempre stato lì o quello che da lì passa a là.

4)    Il Principio di autorità per evitare sovversioni e disordini;

La cosa si fa seria, che ci piaccia o no, siamo una specie che si organizza in gruppi gerarchicamente ordinati.

Attenzione a non confondere il principio di capo con il concetto di potere cattivo. Certe volte lo è ma non è per questo che questo fondamento morale si è consolidato dentro di noi.

Questo principio nasce dalla necessità dei nostri avi di avere certezze e prevedibilità.

Il buon comando in cambio della fiducia deve dare sicurezza.

Ognuno di noi crede che le cose vanno bene quando sotto controllo.

Inoltre, anche chi si dichiara contro ogni autorità magari si indispone se si sente mancato di rispetto da un ragazzino qualsiasi che non ha mai incontrato prima.

Gli schieramenti politici, chi più chi meno, fanno leva su questo principio declinandolo su questioni specifiche. È ovvio come lo fa la destra, ma secondo te la sinistra quando dice continuamente il popolo è sovrano, cosa fa e poi anche chi è di sinistra pretende il rispetto dai propri figli. Per non parlare della devozione di alcuni verso i propri Leader a prescindere dagli schieramenti.

E poi… la bibbia è la bibbia? Vabbè, oggi diciamo, la costituzione è la costituzione; I padri fondatori, i costituenti, …

5)    Il principio di sacralità per evitare la degenerazione totale e la catastrofe assoluta;

In “menti tribali”, ho letto che una volta un individuo si è fatto volontariamente mangiare da un altro individuo.  Un signore ha detto ad un altro signore: “si puoi mangiarmi”.  L’altro l’ha fatto, l’ha congelato e in una decina di mesi l’ha mangiato tutto.

Questa storia risale agli anni 2000 e coinvolge gli Stati Uniti d’America; non l’Amazzonia dell’anno mille.

Secondo te, un patto di questo tipo si può fare? Oppure no. Anche le persone con il più spiccato senso del principio di autodeterminazione entrano in crisi in questi casi.

Dentro di noi ci sono alcune cose che non tolleriamo, che attivano immediatamente il senso del disgusto e sul disgusto ruotano la maggior parte delle proposte politiche. Alcune cose sono sacre e non si possono fare mai. Il disgusto morale ci vincola nel farci accettare o non accettare eventi che possono far degenerare non il nostro futuro ma il futuro della nostra specie.

Quello che emerge da alcune ricerche è che i primi due principi: Cura ed Equità sono maggiormente promossi dalle sinistre e magari in termini politici vengono trascurati gli altri.

Le destre invece fanno leva un po’ meno sui primi due ma questo non significa che li trascurano. Diciamo che nelle destre questi principi sono più o meno tutti equilibrati.

Ora non credere che la penso così. Ho provato solo a raccontarti come stanno le cose non come mi piacerebbero.

 Suggerirei alla sinistra di interessarsi anche agli altri tre principi morali, ancorandogli altre priorità e altri provvedimenti che li assecondino.

Suggerirei a tutti i partiti di traghettare questi principi verso cose che sono utili in questo secolo.

Continue Reading

Psicologia del lavoro

Dal profilo lavorativo all’identità professionale

Che lavoro fai? Che lavoro sei? Quanto il tuo lavoro è importante per regolare la tua identità e la tua autostima?

Published

on

Dal profilo lavorativo all’identità professionale. Come costruire la propria identità.

TU CHE LAVORO FAI? CHE LAVORO SEI?

Tu chi sei? Se ti incontrassi per strada cosa mi risponderesti?

Noi siamo un sacco di cose e a questa domanda potremmo rispondere in un sacco di modi altrettanto corretti.

Tendenzialmente rispondiamo assecondando i ruoli sociali che rivestiamo. Possiamo dire sono un uomo, un essere umano, un padre, una madre. Un marito, una moglie.

Spesso rispondiamo però con quello che facciamo. Rispondiamo con il nostro lavoro.

Personalmente sono dell’avviso che la mia domanda non è una domanda. L’unica risposta davvero completa potrebbe essere: “io sono semplicemente io”.

Eppure non possiamo trascurare di non saper rinunciare a risposte che supportano la nostra identità. Anche perché da quando nasciamo costruiamo e strutturiamo la nostra identità, cioè il tentativo di supportare e dare senso alla nostra presenza in questo mondo.

Non possiamo negarlo, gran parte di senso in questo mondo ce l’abbiamo con il nostro lavoro, con quello che facciamo e con il contributo che diamo.

Per questo ti vorrei parlare di come il nostro profilo lavorativo diventa parte della nostra identità e di come la nostra identità influisce anche sul nostro umore.

Considera che l’assenza di un’occupazione influisce negativamente sulla nostra vita.

Capiamoci subito, a prescindere da quello che è il nostro profilo lavorativo, possiamo strutturare un’identità soddisfacente o meno. L’importante è che agiamo consapevolmente e attivamente sul nostro lavoro. Praticamente facciamo del nostro meglio per migliorarlo anziché subirlo passivamente, sia che facciamo gli addetti alle pulizie, sia che facciamo il notaio.

Come funziona la cosa? Funziona più o meno così.

Ad un certo punto della nostra vita cominciamo ad imparare cose. Queste cose che impariamo possono diventare utili a farci fare cose.

Ad esempio posso conoscere la ricetta per fare una Torta ma non necessariamente devo saper fare una torta. Ad un certo punto però posso imparare a farla. Per imparare a farla mi serve ulteriore motivazione. Questa motivazione può derivare o dal mio piacere personale nel farla o dal fatto che mi paghi per farla.

In ogni caso faccio una torta. Stai attento però.

Quand’è che mi sentirei un pasticcere? Posso pure fare torte ogni giorno e venderle. Ma questo basterebbe a farmi essere un pasticcere? Forse si o forse no. Nei fatti, quello che conta davvero è quanto io mi senta un pasticcere.

Se mi sento pasticcere allora comincio ad imparare a farlo meglio, la mia motivazione sale e l’identità professionale si struttura sempre di più. SONO UN PASTICCERE.

Altrimenti quello che faccio continua a rimanere un piccolo profilo lavorativo.

Stai attento, ogni lavoro può strutturare la nostra identità dandogli spessore o schiacciarla.

Ho conosciuto persone che hanno rinunciato ad incarichi lavorativi per il semplice fatto che “non ne potevano più”. Anche tu avrai sentito parlare di avvocati che aprono ristoranti.  

Secondo te, un meccanico della Ferrari, o quello che fa il meccanico “perché è capitato”, hanno avuto la stessa passione e lo stesso impegno? E secondo te, hanno la stessa gratificazione nel farlo? Ogni lavoro può renderci fieri o distrutti.

Inoltre, alcune  persone anche se non sono molto brave in quello che fanno hanno un’identità professionale molto solida. Pensa a tutte le persone che si sentono “scienziati” e non hanno aperto mai un libro.

Altre volte la nostra identità professionale assorbe tutta la nostra identità. In questi casi non è identità professionale ma identità professioANALE. Praticamente, hai sempre il tuo lavoro nel Cxlo. Ti è mai capitato di incontrare persone che dopo 5 minuti che le incontri ti devono dire che lavoro fanno? “io sono un… il super mega dottore bla bla bla”. Ecco. In questi casi probabilmente il proprio lavoro è tutto ciò che si è e serve a regolare costantemente l’autostima e le relazioni.

Io modestamente eviterei, non è bello.

Andrei per ordine. A prescindere da quello che fai, non dovresti trascurare che tu non sei il tuo lavoro ma il tuo lavoro in ogni caso è una parte di te.

Prova a renderlo coerente con la tua identità. Per fare questo trova la giusta motivazione per farlo sempre meglio imparando costantemente cose nuove.

Sintetizzando, per essere gratificati dal proprio lavoro servono:

  • Conoscenze (sapere);
  • Abilità (saper fare);
  • Motivazione (quella giusta che viene da te);
  • IDENTITÀ.
Continue Reading

Facebook


Iscriviti al Canale YouTube

Tendenza